Per la prima volta dall'inizio della rivoluzione qualcuno ha votato no: è stata Mariela Castro, figlia di Raúl, riguardo i diritti degli omosessuali e dei transessuali
20 agosto 20140
Mariela Castro, 53enne figlia del presidente di Cuba Raúl
Castro e attivista per i diritti degli omosessuali, ha votato contro una
proposta di legge esaminata dal parlamento cubano lo scorso 20 dicembre 2013
relativa alla discriminazione di genere sul posto di lavoro. La notizia è
circolata solo nelle ultime ore. Si tratta di un fatto piuttosto inusuale: il
parlamento cubano tiene due sessioni all’anno ed è – per lo meno – molto raro
assistere a decisioni che non siano prese all’unanimità. Associated Press
scrive che nessun esperto contattato dall’agenzia «è in grado di ricordare un
altro “no”»; Carlos Alzugaray, uno storico e un ex diplomatico cubano, ha detto
all’agenzia che «questa è la prima volta, in assoluto». La notizia si è diffusa
solo recentemente perché la legge è entrata ufficialmente in vigore
quest’estate.
La legge in questione vieta le discriminazioni sulla base
dell’etnia, del genere o delle preferenze sessuali dei lavoratori. Sul blog di
un attivista a favore dei diritti della comunità LGBT, Mariela Castro ha detto
che non ha potuto votare a favore della legge perché questa non prevedeva «la
certezza che i diritti di persone con una differente identità di genere
venissero esplicitamente riconosciuti», facendo riferimento ai transessuali. Nella
legge sono inoltre assenti riferimenti ai lavoratori malati di AIDS.
Cuba è dal 1959 una dittatura comunista e negli anni
Sessanta e Settanta circolava parecchia ostilità nei confronti delle persone
omosessuali. Il GlobalPost scrive che capitava che fossero «imprigionati per
essere “rieducati” oppure etichettati come traditori, poiché non rispettavano
la definizione di Che Guevara di “uomo nuovo” che avrebbe fatto progredire la
nazione». Praticare “atti omosessuali”, a Cuba, è legale solo dal 1979. Fidel
Castro, leader rivoluzionario e presidente di Cuba dal 1976 e al 2008, in un’intervista del
2010 disse che la persecuzione delle persone omosessuali fu «una grave
ingiustizia» che avvenne unicamente perché a quel tempo era distratto da altre
questioni più gravi e non poté occuparsi del problema.
Mariela Castro è attualmente a capo del Centro nazionale
cubano per l’educazione sessuale, e da anni è la più nota attivista cubana in
favore dei diritti per la comunità LGBT. Nel 2008 riuscì a fare approvare al
parlamento cubano una legge che fornisse la possibilità ai cittadini cubani di
sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare sesso (oggi l’operazione è
coperta gratuitamente dal sistema sanitario cubano). Da anni Castro si dice
favorevole all’introduzione delle unioni civili per gli omosessuali. Nel 2013
l’associazione internazionale per i diritti degli omosessuali Equality Forum le
consegnò un premio come “promotrice internazionale del riconoscimento della
comunità LGBT”. Nello stesso anno Castro organizzò una manifestazione pubblica
contro l’omofobia a l’Avana.
Fanno parte del parlamento cubano 614 deputati, eletti ogni
cinque anni. Ciascun parlamentare – che è anche l’unico candidato del proprio
seggio – viene eletto se raccoglie più del 50 per cento dei voti. Solitamente i
deputati non sono politici di professione, e durante l’anno svolgono altri
mestieri: vengono convocati per approvare leggi già discusse in piccole
assemblee di cittadini, sebbene solitamente durante i lavori parlamentari non
emergano posizioni contrarie a quelle contenute nella legge in esame. Riguardo il
funzionamento del sistema politico del paese, Mariela Castro ha recentemente
detto: «ci sono stati dei miglioramenti nel modo in cui vengono discusse le
cose al livello base, sul posto di lavoro e nelle riunioni dei sindacati e del
partito. Credo però che abbiamo ancora bisogno di perfezionare la
partecipazione democratica dei parlamentari all’interno dell’assemblea».
foto: ERIKA
SANTELICES/AFP/Getty Images
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