30 Ottobre 2014
Com’è possibile che in tutti questi anni, in cui non è
rimasto un solo metro quadro da esplorare, non sia emersa una traccia (…)?
Per la prima e l’ultima volta, lo vidi da lontano per una
frazione di secondo il 21 ottobre del 1959, giorno in cui passava da Camagüey
per arrestare il comandante Huber Matos. Nessuno capiva nulla, ma la presenza
di Camilo in mezzo alla confusione ci faceva sperare che tutto sarebbe andato
per il meglio.
I dettagli del momento in cui venne data la notizia della
sua scomparsa (una settimana più tardi), li ho cancellati dalla mia memoria, ma
non ho scordato l’istante in cui venne annunciata la falsa notizia del suo
ritrovamento. La gente in strada tirava fuori bandiere e quadri della Vergine
della Carità. La gioia fu breve, ma indimenticabile.
Per molto tempo ebbi la convinzione che sarebbe potuto
apparire da un momento all’altro. Negli anni in cui mi credevo poeta scrissi
addirittura alcuni brevi versi che descrivevano il suo ritorno. Tutte le volte
che volavo tra Camagüey e l’Avana, ogni volta che l’ho fatto, mi sono domandato
per quale ragione sarei potuto precipitare in mare… come fa un Cessna, che non
prende mai abbastanza quota, a cadere in un altro posto che non sia la
piattaforma insulare? Com’è possibile che in tutti questi anni, in cui non è
rimasto un solo metro quadro da esplorare, non sia emersa una traccia, una
parte del motore, le eliche, che ne so…
Se fosse sopravvissuto a ciò che gli è accaduto e non fosse
rimasto coinvolto in un altro incidente simile, Camilo Cienfuegos sarebbe un
altro ottuagenario nella cupola del potere. Se non fosse stato destituito,
incarcerato o fucilato, oggi porterebbe la responsabilità del disastro
nazionale.
Non ci staremmo più chiedendo se fosse più popolare dell’“altro”,
piuttosto se fosse altrettanto colpevole.
Proprio ora, mentre scrivo queste righe, gli studenti
camminano con dei fiori verso il malecón, anche le persone che lavorano negli
uffici escono un po’ prima del solito per andare a portare dei fiori a Camilo.
Un rituale ormai privo delle emozioni dei primi anni, quando coloro che
raggiungevano le coste per rendergli omaggio lo facevano con le lacrime agli
occhi e senza aver bisogno di essere convocati dalla direzione di un centro
scolastico o di lavoro.
La morte ha reso eterna ai nostri occhi la sua immagine
lieta e popolare. Se c’è qualcosa al di là e ci sta guardando da quel luogo,
deve sentirsi felice di essere scomparso in tempo. La morte lo ha salvato
dall’ignominia, dalla probabile tentazione della corruzione e dall’umiliazione
di essere trattato come un traditore o come un complice.
Reinaldo Escobar
(da Desde aquí, in 14ymedio, 28 ottobre 2014)
Traduzione di Silvia Bertoli
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