Blog del sito http://cubareale.webnode.it/

giovedì 18 settembre 2014

L'embargo, ma a chi serve?

Da: http://ilvecchioeilmare.blogspot.it/


mercoledì 17 settembre 2014


L'amico Luca Lombroso, sempre interessato a Cuba, mi invia questo articolo di "La Repubblica" che non ha bisogno di molti commenti. Uno di questi è: ma a chi giova? Probabilmente ai politici dell'estrema destra della Florida che intascano succose tangenti, più o meno legali, dai fondi stanziati dal Governo Federale...su loro richiesta. Oppure dai giornalisti e anchorman locali che cavalcano una tigre, sempre più di carta, anch'essi per riempirsi le tasche ed essere sempre più "popolari". 
Dopo quasi 54 anni, questo strumento applicato per far implodere il governo di Fidel Castro non è servito a niente e oggi, sotto la direzione del fratello Raúl, al suo mandato finale, con i tentativi di riforma che sta mettendo in atto, serve ancora meno allo scopo prefisso. Le cifre e i fatti parlano da soli. D'altra parte, la miopia, prepotenza e arroganza dei governi nordamericani, dentro e fuori da "casa non loro", è ampiamente conosciuta e dimostrata.
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L'embargo Usa costa 116 miliardi a Cuba: Onu in pressing per la fine
Il blocco ha dimensioni internazionali perché colpisce anche il commercio cubano con Paesi terzi per dire delle mancate entrate da rum e sigari che non può vendere negli Stati Uniti. Se poi gli statunitensi potessero andare sull'isola, il turismo guadagnerebbe 2 miliardi. Solo Israele resta al fianco di Obama

di ALESSANDRA BADUEL
Centosedici miliardi di dollari persi, di cui quasi quattro solo nell'ultimo anno: eccolo, il prezzo pagato da Cuba per effetto dell'embargo statunitense, reso noto in questi giorni dal vice ministro degli Esteri Abelardo Moreno, che ha ricordato come lo scorso sei settembre l'amministrazione Obama abbia rinnovato di un altro anno quel Proclama 3447 con cui John Fitzgerald Kennedy ampliò le restrizioni commerciali già varate da Eisenhower nel 1960 (poco dopo la rivoluzione castrista) e impose la fine di ogni scambio commerciale, economico e finanziario. Era il 7 febbraio 1962. Obama aveva appena compiuto sette mesi, come ricordava poco tempo fa l'Economist, chiedendo di abolire quella misura ormai appartenente al passato neanche più tanto prossimo di un'America "minacciata dal comunismo".

Niente da fare, "el bloqueo" - come lo chiamano i cubani - continua, e Moreno ha elencato le cifre. Solo fra aprile 2013 e giugno 2014, Cuba ha avuto mancate entrate per 3,9 miliardi in dollari, mentre il conto globale è arrivato esattamente a 116.880 milioni di dollari. Quanto poi al deprezzamento del dollaro dall’ inizio dell'embargo a oggi, secondo i cubani fa sì che quella cifra arrivi a 1,11 trilioni. Come ogni anno dal 1982, Cuba ha preparato l'informativa per accompagnare l'ennesima richiesta di fine dell'embargo alla prossima assemblea generale dell'Onu. Assemblea che per 22 anni consecutivi ha regolarmente approvato, con il voto contrario degli Stati Uniti e sempre meno altri Paesi al loro fianco.
L'anno scorso i sì sono stati 188 e i no due: Usa e Israele.

Come si componga quella cifra, il viceministro Moreno l'ha spiegato ricordando che "el bloqueo" ha dimensioni internazionali, dato che colpisce anche il commercio cubano con Paesi terzi e la possibilità di investimenti esteri nell'isola. Per non dire del fatto che Cuba valuta in 205,8 milioni di dollari le mancate entrate da rum e sigari che non può vendere proprio negli Stati Uniti - e che là arrivano comunque, di contrabbando. Se poi gli statunitensi potessero andare liberamente sull'isola, il turismo guadagnerebbe 2.000 milioni in dollari. L'isola, in più, non può fare alcuna transazione in moneta Usa nel mondo, né stabilire relazioni con aziende in Paesi terzi che hanno capitale statunitense.

Nel riportare la conferenza stampa di Moreno all'Avana, El País spiega come in realtà una parte crescente dei cubani d'America abbia cambiato idea sull'embargo. Come la comunità internazionale, dal crollo dell'Unione Sovietica in poi, ha criticato sempre di più quel blocco. Nel frattempo, però, ha ricordato Moreno, fra 2009 e 2014 l'amministrazione Obama ha multato 37 aziende statunitensi e straniere per averlo violato. E dal 2004 a oggi il totale delle multe, calcolato anche quello, è stato di 11.500 milioni di dollari. Il grosso è fatto degli 8.970 milioni di dollari pagati dalla francese BNP Paribas per Cuba (in una multa che includeva comunque anche rapporti con l'Iran e soprattutto con il Sudan).

Intanto, il mondo va avanti. Il castrismo si orienta pian piano verso il capitalismo, cerca investimenti esteri e li sta anche cominciando a trovare. E se non è certo più da lungo tempo una minaccia per gli Stati Uniti, sta diventando attraente per altri, come Singapore o il Brasile, o l'Unione europea, mentre ci sono uomini d'affari come il magnate dello zucchero Alfonso Fanjul, personalità preminente dei cubani fuggiti in Florida mezzo secolo fa, che da fiero oppositore si è ora trasformato nell'uomo che chiede di investire nell'isola. Come osservava l'Economist in aprile, se anche il Congresso continuasse a non approvare, Obama potrebbe comunque usare la sua autorità diminuendo le restrizioni di viaggio e togliendo Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo. Titolo dell'articolo: "Se non ora, quando?".

luca lombroso

mercoledì 17 settembre 2014

Usciti i primi due numeri di La Nuova Replica, a Miami



Sono usciti e distribuiti, a Miami, i primi due numeri della rivista La Nueva Replica che il direttore ed editore Max Lesnick ha fatto resuscitare dalle ceneri de La Replica e dopo la chiusura dello spazio radiofonico di Radio-Miami.
La rivista contiene articoli molti interessanti per chi vuole conoscere meglio la Cuba di prima e attuale. L’aspetto culturale prevale su quello politico che , naturalmente non è occulto, ma non “pesa” più di tanto nel contenuto.

Per chi non può ottenere l’originale in carta stampata, c’è la versione digitale  che si può trovare al sito www.lanuevareplica.com



lunedì 15 settembre 2014

QUEL SARA' LA PARABOLA DI YOANI SANCEZ

Gordiano Lupi. Piove sul bagnato: Yoani vince una borsa di studio USA
 

11 Settembre 2014
  
Yoani Sánchez vince una borsa di studio presso la prestigiosa Università di Georgetown, un assegno da 60.000 dollari, oltre a spese di viaggio per 5.000 dollari e materiali vari per il lavoro da studentessa. La borsa si chiama “Yahoo! Fellow” ed è dedicata al giornalismo digitale, Internet, tecnologia e comunicazioni. La blogtrotter è molto contenta: “Questa borsa di studio Yahoo a Georgetown è un'opportunità per migliorare la qualità del mio lavoro e per rinforzare il giornalismo indipendente a Cuba”.
Intanto è bene rendere noto al pubblico che 14ymedio, il periodico digitale democratico fondato dalla blogtrotter, non si limita a cancellare i commenti sgraditi, ma blocca definitivamente ogni commentatore che si azzarda a criticare la rivista e le opinioni espresse. È un esperimento che ho fatto in prima persona, aprendo tre identità di commentatori diverse, che sono state bloccate inesorabilmente, una dopo l'altra, solo per aver dissentito da azioni e opere della blogtrotter.

Yoani abbonda in luoghi comuni: “Questa borsa di studio rappresenta un'opportunità per scambiare idee con studenti e
membri della facoltà per ampliare la mia prospettiva del mondo e della stessa Cuba”. Resta il fatto che dovrebbe andare a scuola di democrazia e di pluralismo, ché forse a Cuba ha imparato l'esatto contrario. La blogtrotter lotta contro i Castro e si propone come un nuovo caudillo incontestabile? Intanto, la famiglia Castro la lascia libera di andare a Georgetown a “studiare” e a incassare un bel gruzzolo, da utilizzare “per combattere il regime”. Non è un controsenso?
Bene, un nuovo viaggio comincia, nuove valigie sono pronte, la blogtrotter è già sul piede di guerra, come diceva mio nonno. Partirà ancora una volta per gli USA, si riempirà le tasche di dollari e impartirà qualche lezione su come ha scoperto l'acqua calda. Che Dio ci salvi dai fenomeni da baraccone messi in piedi da questa società globalizzata... torniamo a tradurre Heberto Padilla e Virgilio Piñera.


Gordiano Lupi

martedì 9 settembre 2014

Dove sono i microfoni?

Wendy Guerra
Scrittrice cubana residente in Spagna













08 Settembre 2014
  
Qualcuno arriva a casa tua, ti ha procurato un “tesoro”, “roba forte”, la registrazione di alcuni amici che, con un bicchiere di troppo a una festa come tante, straparlano di te.
Che cosa si prova? Che cosa fai? Come riprenderai la tua vita sociale d’ora in avanti?
Quante volte è capitato di descrivere ad alta voce i difetti dei propri genitori, di fratelli e amici… perfino i propri, confessati tra le lacrime nel letto di un amante o al buio nella stanza di un’amica all’alba sregolata di un sabato.
Ah! Ma sentire questo battaglione di fratelli trovare le parole perfette per fare a pezzi con sarcasmo ciò che sei diventata, ti dà l’impressione che il tuo mondo finisca in quell’istante o, magari, è un bel modo per invitarti a sbattere la porta e fuggire da uno spazio chiuso e asfissiante.
Demoralizzarsi? Cedere? Allontanarsi dal resto? Isolarsi? Ammutolirsi? Sssssssssh!
Perché ce l’avrebbero portato a casa? Con quale scopo vogliono farci il favore di metterci contro i nostri affetti quotidiani?
Come hanno registrato queste voci? Riesci a riconoscere gli accenti, l’ironia è nell’aria, il modo di insistere sulla tua magrezza o sul tuo essere istrionica, le tue paure, i tuoi punti deboli, i tuoi fallimenti personali, ma soprattutto: il tuo passato.
Da dove le ha tirate fuori questo compagno? È un caso che sia arrivato fino a qui con la sua bomba tra le mani? Dovrebbe farci piacere? Sei una cattiva persona? Ti sei comportato così male nella vita da provocare questo? Non ti sei dimostrato abbastanza amico dei tuoi amici?
Non è questo un modo di violare l’individualità di molte persone? Non è un modo di ferire la sacrosanta intimità degli altri? Non si tratta di un decalogo o un diritto violato nella divina, fragile condizione del vissuto dell’uomo?
Quando diavolo ti è importato di ciò che dicono di te?
Questo signore è un amico o un inviato?
No, non ringraziare chi ti fa questo favore. Gli chiedi di uscire immediatamente da casa tua, lo cancelli dalla tua vita, lo respingi per quello che è, un traditore; ma ormai è tardi, hai sentito già tutto.
E il resto dei tuoi amici? E le altre feste insulari? E le autorità? E tu, con te stesso? Dove sei?
Osservi il tuo salotto, frughi nella stanza, cammini nella cucina, analizzi la geografia della tua intimità. Non crederai di poter essere dispensata da questa operazione, vero?
Dove hanno messo i tuoi microfoni? Dove sono?
Nei quadri, nelle decorazioni, nel tuo orologio, nel cellulare, nell’impianto stereo. O… veramente credi che non ti spiino?
Dicono che questo accada in tutti i paesi del mondo e che si tratti di salvaguardare la sicurezza nazionale. Sono affari di stato, alta politica di protezione cittadina.
E io, chi sono? Una donnina esile “scribacchiacose” che non può combattere contro il proprio destino, figuriamoci con la sicurezza o l’integrità nazionale.
Ti registrano le comunicazioni telefoniche e ti archiviano fino a essere certi che tu non sia un pericolo pubblico. Passeranno 30 anni, la tua voce cambierà, perderai i tuoi cari, la finiranno con te. Per che cosa?
Dove è rimasta intrappolata la mia voce l’ultima volta? Che cosa ho detto dei miei? A chi ho fatto del male senza volere con le parole o le azioni pubbliche-private? Sarò o sono stata colpevole di un simile dolore?
Vado al prossimo incontro tra amici, bevo lentamente, ballo affabile tra le braccia di qualche sconosciuto, parlo poco, facendo attenzione alle parole, guardandoli recitare davanti a me come se mi volessero bene, come se le loro parole non avessero mai mutilato il mio corpo e la mia anima.
Ce l’hanno fatta: dividere un altro gruppo di amici, un altro gruppo di intellettuali sciolto, fratelli sparsi di fronte alla delazione, tutto nel nome del niente, quel niente diviso in parti uguali. Disseminato per separare e vincere.
Dove si trovano i microfoni per strapparli una volta per tutte? Dove sono?
Non possiamo saperlo. Me lo può forse dire il compagno che registra le conversazioni telefoniche? Alzo il ricevitore e gli domando: dove avete messo i microfoni?
In realtà il vero microfono, dopo anni passati a parlare sottovoce e a rinunciare a dire ciò che si pensa, il vero dispositivo vive già dentro te.

Wendy Guerra
(Habáname, 5 settembre 2014)

Traduzione di Silvia Bertoli

lunedì 8 settembre 2014

Commemorazione per la morte di Fabio di Celmo

Emilio Tatasciore ha condiviso un aggiornamento di stato sul gruppo Italiani a Cuba.



Solo Cuba a reso onore alla memoria di Fabio Di Celmo.... In tutti i quotidiani italiani....neanche un rigo.....VERGOGNA ITALIA!!
 “Da 17 anni la famiglia Di Celmo si è unita alla storia di Cuba, sommandosi alle 3477 vittime delle azioni di terrorismo e ai più di 2.000 invalidi”, ha dichiarato Haymel Espinosa, presidentessa del Comitato Cubano dei Familiari Vittime del Terrorismo.

 “Questa guerra sferrata dagli Stati Uniti contro la Rivoluzione Cubana, come politica di Stato, è stata storicamente dimostrata ed è pienamente evidente attraverso le molte azioni politiche, militari, economiche, biologiche, diplomatiche, e tante altre realizzate nel nostro paese” ha sottolineato  Haymel Espinosa, assicurando che il popolo cubano non smetterà di denunciare il terrorismo e i crimini come quelli avvenuti  negli hotels Tritón, Chateau Miramar e nel Copacabana nel 1997.



La volontà e lo spirito solidale dei lavoratori dell’Hotel Copacabana, Fernando González, Eroe della Repubblica di Cuba, una rappresentazione del Comitato Cubano dei Familiari delle Vittime del Terrorismo, e altri invitati, si sono uniti per rendere omaggio al giovane italiano Fabio Di Celmo






Granma - Italiano ha aggiunto 4 nuove foto.
Fabio sempre nel ricordo

La volontà e lo spirito solidale dei lavoratori dell’Hotel Copacabana, Fernando González, Eroe della Repubblica di Cuba, una rappresentazione del Comitato Cubano dei Familiari delle Vittime del Terrorismo, e altri invitati, si sono uniti per rendere omaggio al giovane italiano Fabio Di Celmo. 

Oltre le ideologie e le leggi, un atto di grande umanità del governo cubano.




Liberato a  Cuba Giulio Brusadelli - Cronaca

Era stato arrestato il 3 marzo scorso a Cuba perché trovato in possesso di 3,5 grammi di marijuana e condannato a 4 anni di carcere per "traffico" di stupefacenti (ANSA)

ansa.it

venerdì 5 settembre 2014

"Canzone del giullare" di Heberto Padilla


Poesia pubblicata nella sezione apposita di http://cubareale.webnode.it/

Vista l'attuale situazione geopolitica mondiale penso sia il caso di renderla pubblica anche qui sul blog.


05 Settembre 2014




General, dein Tank ist ein
Starker Wagon
Brecht











Generale, c’è un conflitto
tra i suoi ordini e le mie canzoni.
Persiste a ogni ora:
notte, giorno.
Non conosce la stanchezza né il sonno.
Un conflitto che dura da molti anni,
tanti, che i miei occhi non hanno mai visto un’alba
senza di loro, i suoi ordini, le sue armi, la sua trincea.
Un conflitto fastoso
nel quale, esteticamente parlando, si equivalgono
i miei stracci e la sua divisa.
Un conflitto teatrale.
Mancherebbe solo un brillante scenario
dove i commedianti potessero arrivare da ogni parte
facendo molto rumore come nelle fiere
esibendo ognuno la sua lealtà e il suo coraggio.
Generale, io non posso distruggere le sue flotte e i suoi carri
né so quanto tempo durerà questa guerra;
ma ogni notte qualcuno dei suoi ordini muore
senza venir compiuto
mentre resta invincibile qualcuna delle mie canzoni.

Da El hombre junto al mar (1981) - inedito in Italia

Traduzione di Gordiano Lupi

mercoledì 3 settembre 2014

Giulio Brusadelli, i genitori disperati: "Rinchiuso in un ospedale psichiatrico a Cuba per 3 spinelli, nostro figlio sta morendo"






"Giulio si trova in uno stato depressivo profondissimo, non ci riconosce, non mangia e non vuole curarsi. Se non torna in Italia rischia di morire". Al telefono da Santiago de Cuba la voce di Paolo e Patrizia Brusadelli arriva a tratti, all'interno dell'ospedale psichiatrico "Juan Bruno Zayas" dove è ricoverato il figlio c'è poca copertura.

I genitori di Giulio Brusadelli hanno lasciato Roma in fretta e furia mercoledì sera per raggiungere il figlio trentaquattrenne, detenuto fino a pochi giorni fa nel carcere Aguadores di Santiago perché lo scorso 3 marzo la polizia lo ha trovato con 3,5 grammi di marijuana in tasca, l'equivalente di 3-4 spinelli. La coppia ha scritto una accorata lettera al senatore Luigi Manconi che l'HuffPost ha pubblicato.

I periti del tribunale dell'isola hanno riconosciuto che Giulio soffre di una sindrome bipolare maniaco-depressiva dall'età di 16 anni e in quanto tossicodipendente risulta incompatibile con la vita dietro le sbarre. Per questo la pm aveva chiesto dai 3 ai 5 anni di libertà vigilata. E invece il 22 luglio scorso il giudice di Santiago lo ha condannato a 4 anni di detenzione per traffico di droga - accusa smentita dai testimoni chiamati al processo - da scontare soltanto dopo un periodo di disintossicazione in un apposito centro.

Soltanto che il ragazzo nella struttura per tossicodipendenti non è mai entrato. È rimasto all'Aguadores fino a qualche giorno fa, quando ha compiuto un gesto inconsulto ("avevamo paura che succedesse, ed è successo", dicono i genitori) e per questo è stato trasferito d'urgenza nella clinica specializzata in malattie mentali, piantonato da due agenti.

"Un amico di Giulio ci ha chiamati all'inizio di questa settimana, preoccupato per il suo stato di salute. Ma non immaginavamo che non ci avrebbe riconosciuto", spiega la mamma Patrizia. "Rifiuta il cibo, rifiuta le cure, pesa ormai 50 chili: come possiamo tornare in Italia senza portarlo con noi?", si dispera papà Paolo. Prima che la situazione volgesse al peggio la famiglia di Brusadelli aveva presentato l'appello contro la sentenza presso la Corte suprema dell'Avana, e contemporaneamente ha compilato una istanza per chiedere il trasferimento del figlio dal carcere al centro di disintossicazione.

La soluzione ottimale, per la quale lavora alacremente la Farnesina, è il rimpatrio di Giulio. Una ipotesi che potrebbe prevedere la possibilità di scontare la pena in Italia. Con questi obiettivi, proprio qualche giorno fa il sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha inviato una lettera al suo omologo cubano.

Ma ormai la questione diventa urgente. "Abbiamo paura che nostro figlio voglia lasciarsi morire. La sindrome bipolare nella sua fase depressiva è molto pericolosa e siamo terrorizzati", ammette Paolo Brusadelli mentre Patrizia è rientrata nella stanza per rimanere accanto al ragazzo. Si danno il cambio per riuscire a telefonare, nel primo pomeriggio Giulio ha accettato di mangiare un pacchetto di wafer dalle mani della madre: "La dottoressa che lo segue dice chiaramente che le medicine non basterebbero, può guarire soltanto se torna in un ambito famigliare, non possiamo immaginare di lasciarlo solo in questo posto".


Per Manconi, che segue la vicenda da qualche mese e rimane in stretto contatto con la famiglia, si tratta di un "caso umanitario che sta meritando la massima attenzione delle autorità italiane". Ora che la situazione è precipitata, il principale auspicio di Paolo e Patrizia è che Giulio riprenda le normali cure psichiatriche che con alti e bassi lo hanno accompagnato anche durante il suo lungo soggiorno a Cuba, dove aveva deciso di trasferirsi qualche anno fa dopo una vacanza. Qui il ragazzo aveva mantenuto la sua abitudine alla marijuana. "Fuma spinelli perché pensa che possano curare la sua malattia soprattutto nei momenti di maggiore euforia", spiega Patrizia. "Se solo potesse tornare a casa riusciremmo a salvargli la vita".

Cuba, il regime impone tasse su capi di abbigliamento e televisori dei viaggiatori


Il governo dell'Avana prova ad arginare l'importazione illegale di prodotti dall'estero. Tasse sui bagagli di oltre 25 kg. Limitazioni anche sul numero dei pantaloni in valigia




La stampa sudamericana la definisce "una delle misure più restrittive degli ultimi anni del regime".



Da oggi portare a Cuba valigie di grosse dimensioni contenenti troppi indumenti, o, peggio ancora, televisori o apparecchi elettronici, significherà sottoporsi a tasse molto salate. Su alcuni articoli, poi, scattano restrizioni specifiche: chi entra nel regno dei Castro non potrà portare con sé più di dieci pantaloni da donna e altrettanti da uomo. Le nuove misure sono entrate in vigore oggi, e secondo il governo sono semplicemente un mezzo di contrasto al commercio di capi abusivi provenienti dall'estero, una misura quindi di forte sostegno all'economia nazionale. Tra i cubani invece c'è molto malcontento, perché le severe restrizioni penalizzeranno molto le famiglie, a cui sarà impedito di portare regali a casa, soprattutto elettrodomestici e apparecchi hi-tech. Sul quotidiano filogovernativo Granma è stato aperto addirittura un dibattito in cui anche la Dogana ha spiegato le ragioni della nuova legge: il dispositivo "vuole impedire che alcune persone - ha chiarito la vice segretaria, Idalmis Rosales - utilizzino i margini dell'importazione non commerciale non stabiliti fino ad ora al fine di introdurre nel Paese un grande volume di merci destinate al commercio e al lucro".

L'intervento si è reso necessario, ha spiegato il governo in questi giorni in cui la polemica è arrivata addirittura sulla stampa ufficiale, perché negli ultimi tempi sono proliferati a Cuba negozi che vendono capi di abbigliamento e oggetti importati in modo illegale dall'estero. Ma una valigia più pesante per i cubani spesso non equivale a darsi al commercio.

Per le famiglie, portare nel bagaglio qualche oggetto in più acquistato nei rari viaggi fuori dai confini nazionali significava rifornire amici e parenti di beni anche di prima necessità tutt'ora introvabili a Cuba. Dal quartiere generale dell'esecutivo precisano che in realtà le nuove misure limiteranno semplicemente il numero dei capi che si potranno trasportare. Secondo le disposizioni in vigore da oggi, il bagaglio sarà esente da tasse fino a un massimo di 25 chili di peso. Ogni viaggiatore potrà introdurre nel Paese bagaglio fino a cento chili ma con imposte fino ai mille pesos. Portare a Cuba un televisore da 32 pollici comporterà una tassa tra i 150 e i 250 pesos. Durante il primo viaggio verrà applicata la Cup, la moneta debole, il peso "dei cubani", e dunque le imposte saranno molto basse. Al secondo viaggio però i 150 pesos diventeranno Cuc, la moneta forte (Cuba ha una doppia moneta) ossia equivalenti a 150 dollari.


Ancora: se prima si potevano portare con sé fino a 40 pantaloni da uomo e altrettanti da donna, ora questo numero è ridotto a dieci. Il governo ha già iniziato a distribuire nei giorni scorsi opuscoli per spiegare l'impatto minimo delle nuove misure sui cittadini. Ma la nuova tassa targata Castro continua ad essere moto sgradita.