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giovedì 18 dicembre 2014

Wendy Guerra. Senza embargo?




Lo storico 'preambolo' ai funerali di Mandela 
17 Dicembre 2014
Ci siamo svegliati con la notizia che Alan Gross “imprenditore americano” o “nemico della rivoluzione” (a seconda della fonte del comunicato) è stato liberato e si dice che in cambio ci manderanno gli “eroi” o “spie”, (dipende dall’emittente che trasmette la notizia).
All’Avana il popolo commenta che a partire da oggi la politica tra Cuba e gli Stati Uniti cambierà.
Si dice che cambierà il rapporto con “gli yankee” e che poco a poco verrà tolto il blocco (embargo).
Tutto questo sarà vero?
Noi cubani non abbiamo notizie, è solo una voce che da stamattina all’alba si rincorre da un isolato all’altro.
All’angolo, al negozio di alimentari, alla fermata dell’autobus la gente dice che Obama e Raúl terranno un discorso alle 12 per annunciare “qualcosa”. Che cosa annunceranno? Non lo sappiamo.
La metà dei nostri affetti oggi vive negli Stati Uniti. Così vicini e così lontani! Da Miami o New York, da Los Angeles o Chicago, da qualunque città del nord noi cubani riceviamo ogni giorno notizie, medicine e spedizioni famigliari. Nemici intimi, viviamo aspettando il modo di rincontrarci, di riallacciare le nostre vite, di riattaccare la pellicola che per 50 anni e che generazione dopo generazione la politica ha interrotto.
Non ci resta che aspettare. Non ci resta che sperare che, mentre noi dormiamo i due governi si mettano d’accordo.
Una donna come me, nata a Cuba nel 1970 ha trascorso tutta la sua vita, è cresciuta e maturata nell’embargo, ha vissuto e vive bloccata. Morirò nell’embargo? Come sarebbe vivere in una Cuba senza embargo?
Oggi è il 17 dicembre 2014, giorno di San Lázaro, data sacra per molti cubani, noi tutti chiediamo, desideriamo, mormoriamo la possibilità di un cambiamento.


Wendy Guerra
(Habáname, 17 dicembre 2014)
Traduzione di Silvia Bertoli

“Sono un demonio che scrive ciò che sente” 

Yoani Sánchez intervista Wendy Guerra per 14ymedio
11 Dicembre 2014
Intervista di 14ymedio
a cura di Yoani Sánchez


Imbarcazioni che si incrociano nella notte e comunicano al loro passaggio, solo un cenno e una voce distante nell’oscurità, così, nell’oceano della vita ci incrociamo e comunichiamo, solo uno sguardo, una voce e poi l’oscurità e un silenzio.
Henry Wadsworth Longfellow



Tra tre giorni (oggi, per chi legge qui, ndr) compirò 44 anni e tra cinque verrà finalmente presentato all’Avana il film Todos se van, diretto da Sergio Cabrera, basato sul mio primo romanzo omonimo. Nel bel mezzo di tutti questi avvenimenti, Yoani mi scrive per farmi un cortese invito: in un paese in cui nessuno parla di me sulla stampa o in televisione, è lei con il suo giornale14ymedio a decidere di fare il gran passo e chiedere di me da una parte all’altra del Malecón dell’Avana.
Io e Yoani viviamo nella stessa città, ma ci vediamo solo da lontano, e, come imbarcazioni che si incrociano nella notte ci mandiamo segnali di fumo e parole. Strizzatine d’occhio, disegni e un certo mistero di velato silenzio ci avvolgono dal muro di acqua e sale. Invito i miei lettori di Habáname a leggere la sua splendida intervista e a navigare in questa pubblicazione nata all’Avana.
Mille grazie a lei e ai suoi collaboratori per essere stati i primi a intervistarmi nella mia terra.

Qui per leggere l'intervista (di seguito la nostra traduzione, ndr).
Qui per la traduzione italiana













Wendy Guerra
(Habáname, 8 dicembre 2014



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