Più della possibilità di viaggiare o comprarsi un’auto, è l’accesso
gratuito a internet che cambierà la vita dei cubani, perché permetterà loro di
lavorare e guadagnare col turismo
Michela Dell’Amico Giornalista e videomaker
Pubblicato marzo 16, 2015
Nel 2009 ho girato Cuba per tre settimane, in auto. I
trasporti pubblici non erano il pezzo forte dell’isola: in pratica non
esistono. E d’altro canto, possedere un’auto non era lecito per la stragrande
maggior parte degli abitanti dell’isola di Fidel Castro. Quindi, da
privilegiati, c’era sempre posto nella nostra auto per offrire passaggi ai
cubani, che così si spostavano (e si spostano): in autostop. In questo modo ho
conosciuto un informatico senza computer, che a malapena sapeva cosa fosse
internet. Di fatti, lavorava in un ristorante. Ho conosciuto anche una signora
simpatica, dalle unghie lunghissime e coloratissime. Non la smetteva più di
farci domande sull’Italia, e in particolare era curiosa di sapere che frutta si
mangia da noi, di che colore è, e di cosa sa. I cubani hanno il chiodo fisso
del cibo, perché diverse cose sono introvabili: dal latte al burro, dal cioccolato
alla carne di manzo. Ma più in generale i cubani hanno il chiodo fisso del
mondo, che non potevano visitare, e che non potevano neppure sbirciare.
Da quando Obama ha annunciato una ripresa nelle relazioni
tra i due Paesi, Cuba sta cambiando. Ora si può viaggiare (lo scorso sabato c’è
stato il primo volo diretto New Orleans-l’Havana dopo 57 anni, e a breve la
capitale cubana sarà collegata a New York da un volo settimanale), e si può
anche teoricamente acquistare un’auto, se si hanno molti soldi. Di ben diversa
portata – perché accessibile a tutti – l’apertura verso internet, se pur
limitata.
All’Havana da qualche settimana si deve davvero sentire aria
di nuovo, perché l’artista Kcho ha fornito (ha potuto fornire) di un wi-fi
gratuito il suo centro culturale, segnando un evento storico per il Paese.
I cubani adesso possono iscriversi a Facebook, possono
sentirsi parte del mondo, iniziare a conoscerlo, interagire con esso, oltreché
con le migliaia di loro concittadini, figli e fratelli, espatriati (fuggendo
via mare) negli Usa o altrove. Certamente internet era disponibile anche prima,
ma solo in luoghi autorizzati e controllatissimi, e dove soprattutto si pagava
caro l’accesso. All’Havana, io uscivo dalla mia casa particular (la casa di una famiglia a cui il governo
concede di affittare stanze ai turisti) per andare a controllare la posta in un
hotel di lusso, e mi costava all’incirca 4 dollari l’ora: ma il salario medio
di un cubano è 20 dollari.
Se è chiaro che la strada per la normalizzazione della vita
dei cubani è e resterà difficoltosa, che mancano infrastrutture e che rimane
una forte censura nell’accesso a internet (che è pure ancora lento e discontinuo,
mentre 9 cubani su 10 non hanno un cellulare), tuttavia avere un accesso
gratuito resta una vera rivoluzione che impatterà enormemente sulla vita dei
cubani.
Per rendere l’idea, pensate che, a Trinidad, ho dormito
nella casa di una biologa, moglie del presentatore di un programma della tv di
Stato. Eppure, il grosso dei loro guadagni lo ottenevano dall’affitto di due
stanze ai turisti, che portano l’unica moneta che valga qualcosa. Quindi,
internet non solo sta aprendo il mondo ai cubani, permettendo loro di
comunicare o comprare merce “proibita” o limitata – come farmaci e alimenti –
dall’embargo del 1962; ma permetterà anche, adesso, di pubblicizzare o
semplicemente rendere visibile le proprie case ai turisti, la vera e l’unica
risorsa concreta del Paese.
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