sopracciglia ad ali di gabbiano
Sto parlando con un mio alunno a fine lezione. Ha
rimorchiato mesi fa un'italiana della Romagna e mi chiede se c'è vita in un
certo paesino della provincia di Reggio Emilia. Gli dico che non ne ho idea. Ha
le sopracciglia "a gabbiano" o "a pipistrello", non ricordo
bene come le chiamano. Potrebbero essere pure "a tacchino ripieno" ma
fanno comunque cacare. Si depila ed esibisce un telefonino ricolmo di
applicazioni. È gonfio come un canotto per sessioni feroci di palestra e parla
male. Gestisce un pugno di parole e con esse descrive il mondo. In italiano non
progredisce ma utilizza le lezioni per estorcermi informazioni che non riesco a
dargli. Vorrebbe che io magnificassi le opportunità di realizzazione umana di
un paese come l'Italia, che riconoscessi che, in quanto ad applicazioni e a
cellulari, Cuba è alla preistoria, vorrebbe che io convenissi con lui che Dolce
e Gabbana sono un pezzo della cultura italiana.
Lui è uno ma sono molti. Forse la maggioranza, non so.
Ascoltano stronzate di reggaeton, coltivano il sogno provinciale e stupido del
"lontano da qui", sono ignoranti e fuori controllo. A Roma sarebbero
i coatti. In altri posti d'Italia sono tamarri, truzzi, chissà cos'altro. Ma
qui sono qualcosa di più: ipercoatti. Coatti senza neanche quel tempo di
elaborare una coattaggine. Questo è il problema di Cuba. Questo è il nuovo che
avanza. Questa è l'alternativa. Fagocitati da carovane di idraulici di Rovigo
che diventano fini analisti internazionali appena varcano la frontiera, da
papponi che alzano quattrini a Miami e si inferociscono perché a L'Avana non
possono venire a fare impresa (comicità pura), parlano quella lingua,
l'idiozia, la superficialità, il luogo comune, il condizionamento puro.
Questo blog è per sua costituzione un blog unilaterale. Io,
nonostante tutto, amo la Cuba rivoluzionaria. Meglio ancora, per me Cuba è la
sua rivoluzione. Piaccia o non piaccia. Questo paese, senza la rivoluzione,
sarebbe uguale a mille altri dell'area. Non avrebbe niente di eccezionale. Le
città coloniali te le tirano dietro, le belle spiagge pure, le mulatte pure, il
ballo pure, la musica pure, la "cultura" afro-americana pure, la santeria
pure. Cuba è la sua rivoluzione. Quella che tra mille contraddizioni, errori,
cazzate, storture, ha proposto una società diversa e in molti frangenti l'ha
creata. Cuba è la gioventù colta. La Cuba che fa stropicciare gli occhi sono
gli alunni della Lenin, quelli dell'ISA, i medici, gli artisti, gli architetti,
quelli che ogni volta che parli con loro, applicano un'analisi complessa alla
realtà, quelli che scavano. La Cuba unica è fatta delle aree di equità
impensabili altrove. L'accesso all'istruzione. Sono i negri che si laureano ed
escono così, generazione dopo generazione, dai ghetti ancestrali in cui erano
stati cacciati. - Una delle esperienze più surreali è stata quella di
conversare con uno pseudo-scrittore negro e critico. Mentre parlava, dentro di
me riflettevo sul fatto che senza la Rivoluzione lui probabilmente in quel
momento sarebbe stato, analfabeta, malato e sdentato, a tagliare canna da
zucchero o a pulirmi le scarpe. Lo scrittore... - Cuba è la pianificazione. È
l'instancabile primato della ragione, della buona volontà, dell'intelligenza,
di fronte all'oscurantismo del tutti contro tutti, della superstizione, del
bullismo di ogni età. La Cuba coatta ruba, truffa, fa battere le proprie donne,
sogna i Mac Donald's, è ridicola, si veste come i più squallidi attori dei più
squallidi paquetes di Miami, si fa le seghe sugli IPhone, ha le sopracciglia a
gabbiano, o a pipistrello, e stravede per la mafia e per gli stranieri. La Cuba
migliore cerca di non cadere in questa corrente facile, in questa onda di piena
che trascina merda e persone. A volte ci casca. A volte no. I soldi ed il
benessere da pelicula diventano irresistibili a volte. Alla fine cazzi loro, è
quello che mi viene da dire.
Cuba è bella per la sua rivoluzione. Ed un paese, prima di
ogni cosa, deve avere un'estetica e quindi una sua dignità. Se cercate chiappe
a buon prezzo, stanno dovunque, anche in Italia; se cercate un santero che vi
riempia di cazzate, il latinoamerica è pieno; se cercate musica, spiagge,
allegria, rum, avete l'imbarazzo della scelta. Se cercate una Rivoluzione
allora c'è solo Cuba. Aggirate i coatti, aggirate quell'incollatura
mortificante tra coatti e stranieri pari-grado che coltivano in coro i loro
deserti, e allora trovate un luogo unico al mondo. Trovate la Cuba per cui vale
la pena. Si potrebbe dire: lo dici tu che sei straniero a Cuba coi soldi,
vorrei vedere te con la libreta e trecento pesos al mese. La risposta è: sì, lo
dico io che sono straniero a Cuba coi soldi, vorrei vedere me con la libreta e
trecento pesos al mese. Esattamente io. A posto così?
A volte, in un processo, le opinioni meno significative sono
quelle delle parti in causa. Buone cose.
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