"Giulio si trova in uno stato depressivo profondissimo,
non ci riconosce, non mangia e non vuole curarsi. Se non torna in Italia
rischia di morire". Al telefono da Santiago de Cuba la voce di Paolo e
Patrizia Brusadelli arriva a tratti, all'interno dell'ospedale psichiatrico
"Juan Bruno Zayas" dove è ricoverato il figlio c'è poca copertura.
I genitori di Giulio Brusadelli hanno lasciato Roma in
fretta e furia mercoledì sera per raggiungere il figlio trentaquattrenne,
detenuto fino a pochi giorni fa nel carcere Aguadores di Santiago perché lo
scorso 3 marzo la polizia lo ha trovato con 3,5 grammi di marijuana
in tasca, l'equivalente di 3-4 spinelli. La coppia ha scritto una accorata
lettera al senatore Luigi Manconi che l'HuffPost ha pubblicato.
I periti del tribunale dell'isola hanno riconosciuto che
Giulio soffre di una sindrome bipolare maniaco-depressiva dall'età di 16 anni e
in quanto tossicodipendente risulta incompatibile con la vita dietro le sbarre.
Per questo la pm aveva chiesto dai 3 ai 5 anni di libertà vigilata. E invece il
22 luglio scorso il giudice di Santiago lo ha condannato a 4 anni di detenzione
per traffico di droga - accusa smentita dai testimoni chiamati al processo - da
scontare soltanto dopo un periodo di disintossicazione in un apposito centro.
Soltanto che il ragazzo nella struttura per
tossicodipendenti non è mai entrato. È rimasto all'Aguadores fino a qualche
giorno fa, quando ha compiuto un gesto inconsulto ("avevamo paura che
succedesse, ed è successo", dicono i genitori) e per questo è stato
trasferito d'urgenza nella clinica specializzata in malattie mentali,
piantonato da due agenti.
"Un amico di Giulio ci ha chiamati all'inizio di questa
settimana, preoccupato per il suo stato di salute. Ma non immaginavamo che non
ci avrebbe riconosciuto", spiega la mamma Patrizia. "Rifiuta il cibo,
rifiuta le cure, pesa ormai 50 chili: come possiamo tornare in Italia senza
portarlo con noi?", si dispera papà Paolo. Prima che la situazione
volgesse al peggio la famiglia di Brusadelli aveva presentato l'appello contro
la sentenza presso la Corte
suprema dell'Avana, e contemporaneamente ha compilato una istanza per chiedere
il trasferimento del figlio dal carcere al centro di disintossicazione.
La soluzione ottimale, per la quale lavora alacremente la Farnesina , è il
rimpatrio di Giulio. Una ipotesi che potrebbe prevedere la possibilità di
scontare la pena in Italia. Con questi obiettivi, proprio qualche giorno fa il
sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha inviato una lettera al suo omologo cubano.
Ma ormai la questione diventa urgente. "Abbiamo paura
che nostro figlio voglia lasciarsi morire. La sindrome bipolare nella sua fase
depressiva è molto pericolosa e siamo terrorizzati", ammette Paolo
Brusadelli mentre Patrizia è rientrata nella stanza per rimanere accanto al
ragazzo. Si danno il cambio per riuscire a telefonare, nel primo pomeriggio
Giulio ha accettato di mangiare un pacchetto di wafer dalle mani della madre:
"La dottoressa che lo segue dice chiaramente che le medicine non basterebbero,
può guarire soltanto se torna in un ambito famigliare, non possiamo immaginare
di lasciarlo solo in questo posto".
Per Manconi, che segue la vicenda da qualche mese e rimane
in stretto contatto con la famiglia, si tratta di un "caso umanitario che
sta meritando la massima attenzione delle autorità italiane". Ora che la
situazione è precipitata, il principale auspicio di Paolo e Patrizia è che
Giulio riprenda le normali cure psichiatriche che con alti e bassi lo hanno
accompagnato anche durante il suo lungo soggiorno a Cuba, dove aveva deciso di
trasferirsi qualche anno fa dopo una vacanza. Qui il ragazzo aveva mantenuto la
sua abitudine alla marijuana. "Fuma spinelli perché pensa che possano
curare la sua malattia soprattutto nei momenti di maggiore euforia",
spiega Patrizia. "Se solo potesse tornare a casa riusciremmo a salvargli
la vita".
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