La carta di credito che più rappresenta il sogno americano opererà anche all'Avana. E Fidel torna a farsi sentire. Per dire che stima Obama
Manila Alfano - Gio, 29/01/2015 - 08:28
Era lo spauracchio di qualsiasi dipendente, cassiere,
direttore. A New
York come a Vienna , a Buenos Aires come a Roma.
Bastava la parola per mettere in agitazione un ufficio intero: Cuba.
Auto d'epoca nelle strade di Cuba
Divieto tassativo di trattare con i cubani e con qualsiasi
cosa avesse a che fare con loro: vendere traveller cheque ai turisti diretti
sull'isola, emettere biglietti anche solo con scalo all'Avana. Entrare in una
filiale American Express era come entrare negli Stati Uniti e il governo era
sempre stato categorico su questo genere di cose: sull'embargo nessuna
leggerezza. Ogni svista era punita con sanzioni interne pesanti. Oggi invece il
presente si riconcilia con il passato, e cala il sipario sull'isolamento da
anni '60. L 'american
Express sbarca a Cuba. «Non posso ancora dire quando la nostra carta arriverà
all'Avana, ma stiamo aspettando solo l'autorizzazione del Dipartimento del
Tesoro americano», ha detto Marina H. Norville portavoce della società.
Il simbolo per eccellenza dell'America, del capitalismo, la
carta di credito più chic e più famosa del mondo, quotata a Wall Street, la più
antica, la più prestigiosa, si fa largo tra le strade polverose dell'Avana,
dove viaggiano a rilento le vecchie cadillac blu. La carta con il centurione
che è più uno status che un mezzo di pagamento entrerà negli hotel, nei negozi
di lusso che arriveranno insieme ai campi da golf. È questo il vero segno della
fine. Dell'addio concreto al castrismo, fallimento di un'ideologia, o epilogo
naturale voluto dalla storia. Il fratello Raùl al posto di Fidel, il nuovo per
il vecchio, il capitalismo spalancato alla vita tranquilla e lenta dell'Avana.
Fidel isolato e malatissimo, ha scritto una lettera sul disgelo per dire che
lui dell'America continua a non fidarsi, ma che lascia fare perchè come lui
stesso ammette è dal 2008 che non ha più potere. Raul fa da sè e Alina, figlia
ribelle del lider maximo fuggita negli anni Novanta sarebbe tornata sull'isola,
segno altrettanto definitivo che davvero qualcosa è cambiato. «Non ho fiducia
nella politica degli Stati Uniti, né ho scambiato una sola parola con loro, ma
questo non significa un rifiuto nei confronti di una soluzione pacifica dei
conflitti o dei rischi di guerra» scrive Fidel in una lettera alla Federazione
Studentesca Universitaria. Ormai il suo silenzio dopo la clamorosa svolta
durava dad troppo tempo. Rimbalzavano le voci maligne che lo volevano
addirittura morto. Neppure un incontro con i «Cuban Five» le famose spie cubane
rilasciate dagli Stati Uniti che erano stati la sua ultima grande battagllia
antiamericana. C'è chi dice che sia molto arrabbiato con Raul, il fratello che
ha disobbedito. Che ha virato verso il futuro togliendo l'anima a Cuba.
C'è tensione sull'isola che combatteva l'impero e Raul,
forse condizionato dalla lettera del lider maximo, a sorpresa ha irrigidito le
posizione, chiarendo che Cuba non intende fare alcuna concessione politica.
Anzi. Il presidente cubano ha sottolineato come con la sua offerta di normalizzare
i rapporti Obama «ha ammesso che gli Usa hanno sbagliato la loro politica
contro Cuba» e questo è già di per se «un trionfo» per il popolo cubano. Frei
Betto, uno dei principali esponenti della Teologia della liberazione
brasiliana, e uno dei pochissimi che l'altro ieri ha incontrato Fidel ha
raccontato che «Sta bene, è lucidissimo e entusiasta di Obama». «Fidel ha
un'alta considerazione del presidente Obama e valuta positivamente il suo
operato. Ma allo stesso tempo ritiene che il processo di riavvicinamento sarà
molto lungo e che gli Stati Uniti devono assumere iniziative concrete, come
porre fine all'embargo e togliere Cuba dalla lista nera dei Paesi terroristi».
Si torna al punto. La svolta non è tale se non si toglie «el bloqueo».
Oggi questo muro d'acqua viene lambito da una carta di
credito che degli Stati Uniti ne hanno fatto un onorato simbolo. L'American
Express non è una carta di credito qualsiasi; più di altre rappresenta il sogno
americano. Lo diceva anche la pubblicità: «My Life. My Card», per lei ci hanno
messo la faccia Martin Scorsese, Robert De Niro, Kate Winslet, Tiger Woods.
Quella carta con il centurione è l'ultimo sfregio ai castristi, a quelli che al
capitalismo guardavano come una malattia da tenere lontana dal popolo. Oggi quella
stessa gente dice di essere contenta, che quell'intesa con Obama la brama.
Obama avava già avvertito. La fine dell'embargo sarà un processo lungo, in
accordo tra la Casa Bianca
e il Congresso. Sono tutti al lavoro.
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