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mercoledì 18 maggio 2016

Mantovano apre un hotel all’Avana


Il sogno cubano di un consulente del lavoro mantovano diventa realtà. Ma i capitali esteri sono vietati: la palla al socio




Per Stefano Mazzocchi, consulente del lavoro di città, il sogno cubano è diventato realtà. Una realtà di mattoni e cemento, con tanto di terrazze vista oceano e arredamento in stile coloniale. Nel cuore dell’Avana vecchia, a due passi dall'Avenida del Puerto e dalla Plaza Vieja, quello che fino a un anno e mezzo fa era solamente uno stabile fatiscente è diventato oggi l'hotel e l'orgoglio di Mazzocchi. I 500 metri quadrati dei tre piani del “Sueño cubano” (questo il nome della struttura) hanno aperto al pubblico a fine marzo, dopo un complicato processo di ristrutturazione.
Tutto inizia poco meno di vent'anni fa, nel 1997, quando Stefano va per la prima volta a Cuba. La città, la gente, la cultura, la danza, tutto lo affascina e lo colpisce profondamente, tanto da spingerlo a farci ritorno ogni anno e a colmare la nostalgia del sapore latinoamericano con corsi di balli tipici di quelle zone. Nemmeno il matrimonio e la nascita di una bambina cambiano le cose, anzi, il mantovano coinvolge tutta la famiglia nella sua passione per l'isola del centro America. A forza di andarci per almeno una settimana ogni anno, Mazzocchi riesce a imparare un po' per strada lo spagnolo e a instaurare delle belle amicizie, tra le quali quella con Ernesto, un taxista del posto, si rivelerà particolarmente importante per la sua vita.
Nel 2014, infatti, tra le chiacchiere leggere dei due amici insieme alle rispettive mogli durante un giro nei luoghi turistici di Cuba, incomincia a delinearsi e a prendere forma un progetto concreto: aprire un hotelito. Una volta capito che il sogno avrebbe potuto trasformarsi in realtà, senza perdere tempo, l'amico cubano intraprende la ricerca di un edificio che corrisponda alle loro esigenze: non di certo nuovo, bensì con un sapore di antico e in condizioni che necessitano di un restauro abbastanza robusto.
La dedizione con cui si butta nella caccia della struttura porta i suoi frutti. Trovano infatti una palazzina semi-abbandonata, composta da una parte risalente all'epoca coloniale e da un ampliamento più recente, dei primi del '900 e in pieno stile liberty. Proprio quello che fa per loro. Scelto il locale, il passo successivo è quello di capire come agire dal punto di vista legale. Il problema che si deve infatti superare è che non può figurare una società privata con presenza di stranieri. Dopo vari incontri con dei legali, i due giungono alla conclusione che l'unico modo per avere delle garanzie è quello per Stefano di porsi come banca e di prestare i soldi (che sarebbero serviti per l'acquisto e la ristrutturazione dell'immobile) al suo socio cubano davanti ad un notaio. «Un investimento da qualche centinaio di migliaia di euro» dice Mazzocchi, che preferisce tenere riservate le cifre esatte. Aggirato così il primo ostacolo, il progetto può andare avanti e i lavori di messa a nuovo dell'edificio partono, sotto la stretta sorveglianza di Ernesto, che da subito si sposta a vivere nel rudere.
Mazzocchi, continuando a vivere a Mantova, supervisiona il tutto da lontano. Ma è lui che ridisegna l'aspetto dello stabile, con l'aiuto della moglie, che si occupa dello stile e dell'arredamento. La grossa problematica da risolvere a questo punto è la reperibilità dei materiali, che si trasforma in una caccia al tesoro. L'unico rivenditore è lo Stato e non è facile trovare i materiali. Al contrario, non si sa quando, dove, se e in che quantità quello di cui si ha bisogno arriverà e l'unica soluzione è girare tutti i punti vendita. «Per fortuna, una volta che cominci a frequentare spesso i vari negozi - commenta Mazzocchi - si instaura un rapporto con i commessi, che ti chiamano quando il materiale che cerchi arriva. Ma questo può richiedere una quantità di tempo indefinita. Per trovare dei bidet, per esempio, ci è voluto un anno».
Anche trovare l'arredamento che soddisfacesse i soci non è stato facile: «Abbiamo voluto solo mobili antichi - continua Mazzocchi - e quelli che non siamo riusciti a trovare li abbiamo fatti costruire dagli artigiani del posto. Dato che non c'è stato ancora un vero e proprio sviluppo, possiedono ancora le conoscenze che vengono direttamente dalla tradizione». La determinazione e l'impegno, nonostante gli intoppi, hanno comunque ripagato. Le sette camere dell'hotel sono ora tutte operative, i soci ne sono orgogliosi più che mai e anche la clientela è soddisfatta.

Per quanto Cuba sia nel suo cuore, Mazzocchi comunque non pensa di lasciare l'Italia: «Andrò là periodicamente, ma continuerò a vivere e lavorare qui. Magari quando sarò in pensione andare a svernare là: non sarebbe una cattiva idea».

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