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venerdì 3 maggio 2013


CUBA E IL GIRO DEL MONDO DI YOANI SÁNCHEZ


MAURIZIO STEFANINI (LIMES) –

3 maggio 2013
“Il mio giro del mondo in 80 giorni”: così Yoani Sánchez ha definito il tour internazionale compiuto dopo che Cuba ha varato una nuova “legge migratoria” che le ha permesso di ottenere un passaporto e la garanzia di poter tornare in patria.

L’Italia, con le soste a Perugia, Torino, Milano e Monza, è stata una delle ultime tappe, prima della Svizzera, dove la blogger era emigrata prima di decidere di rimpatriare, e della Germania.

L’arrivo nella penisola è stato accompagnato dall’uscita di un libro scritto a quattro mani con il suo traduttore italiano Gordiano Lupi dal titolo “In attesa della primavera“, dove la Sanchez rifiuta perfino l’etichetta di dissidente.

“Questa parola non ha niente a che vedere con quello che sto facendo. Il problema è che a Cuba non ci sono alternative. Se non sei del tutto favorevole alle misure governative ed esprimi critiche al sistema vieni etichettato come controrivoluzionario. In realtà sono una ragazza come tante che un giorno ha deciso di intraprendere un esorcismo personale. Scrivo in un blog ciò che non posso dire nella vita di tutti i giorni e per questo ho definito il mio lavoro come un esercizio di codardia. Siamo sempre di più a usare la blogosfera per esprimere opinioni. Non ho nessuna intenzione di darmi alla politica e di fondare un partito. Non ne sarei capace”.

“Per evitare beatificazioni e future crocifissioni, chiarisco che Generación Y è un esercizio personale di codardia. In un paese dove tanti si sono presentati come eroi, che spariscono quando ci sarebbe davvero bisogno di loro, dichiararsi pauroso in anticipo è qualcosa di troppo sincero per essere accettato”.

Yoani si definisce “una formica che cerca di smuovere zollette di zucchero e grandi pezzi di terra per cercare di demolire dal basso un muro fatto di censura, controllo e vigilanza”.

Durante il suo viaggio la Sanchez è stata contestata ripetutamente da simpatizzanti del regime castrista. Dalla prima tappa in Brasile fino all’Italia. “Sì, tranne a Miami. Ma si è trattato di proteste da parte di piccolo gruppi, le quali alla fine hanno rafforzato la mia posizione proiettando su di me più interesse e consensi. In Brasile, addirittura, sono stata invitata davanti al Senato per ricevere le scuse a nome dell’intera nazione”.

Qual è il bilancio di questo viaggio? “Molto positivo. Temo che tornata a Cuba non mi facciano più uscire, ma per me è stato importante soprattutto aver incontrato tantissimi cubani. In tutti i paesi in cui sono stata ho trovato miei compatrioti che conservano le loro tradizioni, la loro cultura. È una vera e propria Cuba fuori da Cuba. Sia i cubani all’estero che quelli in patria stanno finalmente cambiando. Ed è questo loro cambiamento che potrebbe aiutare a cambiare il paese in futuro”.

Timori a parte, questa esperienza è stata possibile grazie alla nuova legge migratoria. Non sarebbe giusto riconoscere che con le riforme di Raúl Castro è in corso a Cuba un’evoluzione positiva? Oppure ritieni che questi provvedimenti siano fasulli? “Le riforme vanno nel senso giusto, ma sono lentissime. Perché producano effetti importanti dovrebbero essere velocizzate, altrimenti rischiano di essere solo delle briciole.

In realtà, Cuba sta cambiando a un ritmo più veloce delle riforme, ma non grazie al governo. Il paese sta cambiando perché i suoi cittadini stanno cambiando. Sono meno apatici, sempre più interessati e pronti a lottare. Cominciano a progettare e a chiedere diritti. Io spero nel cambiamento non tanto per quello che sta facendo il governo, ma per ciò che sta avvenendo alla base. E, come ho detto, anche i compatrioti all’estero si stanno svegliando, saranno la forza della Cuba del futuro.

Se si mettono assieme, i cubani all’estero e quelli sull’isola potranno fare qualcosa per cambiare”.

Maurizio Stefanini, giornalista professionista e saggista.

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