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CALIFORNIA MAGAZINE
Di Wendy Miller (direttrice della rivista “California”)
Eccoci. Siamo avvolti nei nostri maglioni, seduti nel nostro
autobus (fabbricato in Cina e con aria condizionata al massimo) e ci
addentriamo silenziosamente attraverso la campagna cubana. Fuori, la temperatura
è di circa 30 gradi ed è umido; la gente che intravediamo o che è ferma agli
angoli delle strade è vestita con pantaloncini e canottiere; mentre nel bus si
gela.
Dai nostri posti, comodi ma freddi, si vedono alcuni
contadini che fanno seccare del riso lungo la strada. All’improvviso una brusca
frenata: auto in avaria davanti a noi. Ci giriamo attorno e passiamo oltre,
quasi sfiorando un uomo che vende noccioline ai bordi della strada. Dopo un po’
attraversiamo una zona boscosa nel mezzo della quale si trova un edificio
(ormai in rovina, purtroppo) della metà del XX secolo.
Lungo un tratto di spiaggia, bellissimi bungalow bianchi
confinano con l’acqua. Mentre dall’altra parte della strada un gruppo di
edifici dipinti a “tinte tropical” mi ricordano alla mente la serie tv Miami
Vice degli anni ’80.
Siamo al terzo giorno di un tour di otto giorni in totale al
quale partecipo con 28 compagni di viaggio. Si tratta di un tour “People to
People” organizzato da Cal Discoveries Travel (filiale della Cal Alumni
Association) che dal febbraio 2012 offre ai viaggiatori statunitensi la
possibilità di effettuare visite guidate a Cuba.
Si tratta di una settimana piena di attività che comprendono
la visita a tre città e innumerevoli eventi culturali e formativi: attività
“interattive”, tre conferenze, visite a strutture mediche, comunità religiose,
musei, scuole di danza e musica, due alberghi, e molti ristoranti.
Il nostro percorso, come tutti i viaggi sull’isola approvati
dalla legge, deve ovviamente essere conforme alle restrizioni statunitensi
(benché molti nel nostro gruppo continuino a pensare che le restrizioni siano
state imposte da Cuba). Ricordo le parole di uno dei miei compagni di viaggio
il primo giorno, mentre eravamo in fase di atterraggio a Cienfuegos: “Questo
viaggio sarà veramente intensissimo e non ci offrirà molto tempo libero.
Scommetto che il governo cubano vuole seguire le nostre tracce”. “No”, gli ho
risposto io, “Penso che questa è una cosa che farebbe più volentieri il nostro
governo”.
Il sito web del Dipartimento del Tesoro pubblica linee guida
piuttosto chiare su questo punto: “…i turisti avranno un orario a tempo pieno
di attività di scambio educativo che si tradurrà in un’interazione importante
tra i viaggiatori e gli abitanti di Cuba”.
La nostra prima possibilità di “interazione” ha avuto luogo
proprio durante il primo giorno, quando abbiamo incontrato Yaritza, la nostra
guida cubana (una bella e giovane donna che parla quattro lingue – tra le quali
ovviamente spagnolo e inglese – che possiede una vasta conoscenza della storia
e della cultura di Cuba, della sua struttura sociale, della sua economia e che,
come scopriremo durante il tour, dimostrerà infinita pazienza ed impegno nel
raccontarci ogni cosa, oltre a tradurre e parlare con noi per circa otto-dieci
ore al giorno). Come la maggior parte dei cubani, Yaritza lavora per il
governo. Essere una guida è davvero un buon lavoro; forse non prestigioso come
l’insegnamento (la vecchia professione di Yaritza), ma molto più vantaggioso in
termini economici.
Come guida Yaritza riceve mance in CUC, la moneta
convertibile utilizzata dai turisti (i CUC sono legati al valore del dollaro e
valgono 25 volte il peso cubano, la moneta con cui vengono pagati i salari
statali). Yaritza inoltre non sembra affatto “un’orgogliosa beneficiaria del
sistema socialista”. La sua attitudine appare piuttosto progressista: Yaritza è
femminista, proprietaria di una casa, a favore della riforma economica,
simpatizzante delle piccole imprese private; nonché madre lavoratrice attenta e
presente (a giudicare dalle regolari chiamate a casa per “monitorare” il
figlio).
L’AVANA E IL TURISMO
Abbiamo trascorso la maggior parte del nostro tempo nella
capitale di Cuba, L’Avana: una grande città così variegata, vivace e colorata
che la mia prima reazione è stata quella di sentirmi “inadeguata” (come se
avessi bisogno di almeno altri tre sensi per assorbirla completamente). Solo in
fatto di architettura (da quella coloniale e neo- classica a quella barocca e
art decó, quella “mafia style” della metà del secolo o quella sovietica)
potrebbe travolgere e coinvolgere incessantemente per più di un mese anche uno
storico appassionato.
A L’Avana Vecchia, altro sito Patrimonio dell’Umanità
dall’UNESCO, gli edifici restaurati sono così colorati che sembrano vivi. La
sensazione è intensificata dal flusso costante di persone vestite in colori
vivaci e dalla musica (assolutamente contagiosa) proveniente da ristoranti, bar
e praticamente da ogni angolo di strada.
L’Avana seduce e sconcerta allo stesso tempo. È
perfettamente pulita, eppure gran parte delle sue infrastrutture si stanno
sgretolando inesorabilmente. Si tratta di una città fatta di contrasti, fra
enormi e vecchi palazzi coloniali e case in cemento che ancora riportano i
manifesti socialisti (ricordo dei legami sovietici, in realtà ancora
esistenti). Negli edifici pubblici splendidamente restaurati, lunghe code di
persone si avventurano nella lobby per utilizzare l’unico bagno funzionante o
per prendere l’ascensore. Il governo possiede risorse limitate per rifacimenti
e modifiche; e il loro utilizzo è ovviamente limitato. Tuttavia, i turisti sono
ovunque e apprezzano ogni cosa, anche i disagi. Secondo le statistiche del
governo, nel 2011 l’isola ha raggiunto oltre i 2,7 milioni di visitatori.
Un po’ paradossalmente, il turismo è promosso dallo stesso
governo che rovesciò Batista, (il dittatore che ha contribuito a trasformare
L’Avana in un parco divertimenti per adulti, ricca di alberghi, casinò e
bordelli risalenti al periodo di “apertura alla Mafia” – così come ci ha
riferito l’architetto Miguel Coyula).
È proprio il turismo a guidare l’economia di questa città;
il sistema di classi basato su due diverse monete è piuttosto evidente:
stranieri con molto denaro riempiono gli hotel (che sono stati rinnovati
attraverso associazioni con investitori stranieri), mentre gli alberghi
statali, più logori, rimangono mezzi vuoti.
Se c’è un posto a Cuba che ha un futuro nel settore turismo,
questo è sicuramente Las Terrazas, dove il gruppo del tour ha trascorso il
settimo giorno di viaggio. Il villaggio è situato nella Sierra del Rosario, una
Riserva della Biosfera dall’UNESCO.
Las Terrazas, in precedenza una vasta area disboscata a 50 chilometri da
L’Avana, è oggi una cittadina sulle rive di un lago che conta 1.400 abitanti. I
fondatori originari del villaggio arrivarono alla fine del 1960 dai villaggi
più poveri dei dintorni per coltivare con il metodo delle terrazze e per
costruire. La comunità ha ora le scuole, un centro per anziani, una clinica
medica, orti biologici, negozi di souvenir e un’ottima reputazione in materia
di ecoturismo.
A partire, per esempio da quell’hotel e El Romero che può
vantare un ottimo ristorante biologico vegetariano. Las Terrazas unisce
convenientemente una precisa attitudine comunitaria, piccole imprese private e
innovazione. È una delle mete preferite per la maggior parte delle persone del
nostro tour e probabilmente il preferito di tutti i viaggiatori interessati a
coniugare relax (comfort, cibo sano, etc…) a responsabilità sociale e
ambientale (valori che noi californiani sentiamo molto vicini ed affini).
Sulla via del ritorno al bus, faccio due chiacchiere con
Tito Núñez Gudas (lo chef del ristorante eco dove abbiamo pranzato) che viaggia
con noi mentre rientriamo a L’Avana. Parliamo di Slow Food (di Alice Waters, di
Michael Pollan…). “Siamo tutti parte del movimento Slow Food”, mi dice Tito con
un sorriso.
Mentre mi avvolgo nuovamente nel maglione per proteggermi
dall’inspiegabile gelo prodotto dall’aria condizionata del nostro bus cinese,
mi rannicchio e penso al nostro ritorno a casa. Non ho comprato nemmeno un
souvenir. Chiedo a Yaritza se potrò trovare delle magliette del Che in vendita
all’aeroporto. “È probabile”, mi dice un po’ titubante. Poi specifica:
“Comunque, se ci sono si potranno acquistare sia in CUC, dollari o euro”.
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