Apertura della tv di
Stato, che lancia una “scuola della cooperazione”. La Chiesa Usa ha inviato
500mila dollari “per assicurarsi che i cubani apprendano la Dottrina sociale
cattolica”
ALVER METALLI
BUENOS AIRES
Cos’è una
cooperativa, come sorgono in altri paesi, che vantaggi offrono... sono tutte
domande che di per sé non hanno nulla di dirompente ma che riproposte a Cuba
suonano in tutt’altra forma. Se poi, a formularle, con relativa risposta
elogiativa, è la televisione cubana, quella di Stato, l’unica che gli abitanti
dell’isola possono vedere fatto salvi gli audaci che intercettano i
segnali provenienti da Miami, la cosa ha
del “rivoluzionario”.
Il seminario “Verso
una cultura cooperativa” che da pochi giorni ha cominciato a trasmettere il
Canale educativo statale non ha precedenti nella storia della televisione
cubana. Anzi, cooperative e forme economiche a vario titolo basate
sull’iniziativa privata sono sempre state tabù, quando non apertamente
biasimate. Adesso sembra proprio che il cooperativismo sia la chiave di volta
con cui Raúl Castro intende de-statalizzare l’economia cubana senza
de-nazionalizzarla. Con grande attenzione della Chiesa, cubana e degli Stati
Uniti, che ha inviato nell’isola l’ausiliare di Chicago, John Manz con un
pacchetto di aiuti di 500mila dollari annuali “per assicurarsi che i cubani
apprendano la Dottrina
sociale cattolica” mano a mano che aprono negozi e avviano cooperative.
Quello appena
inaugurato sulla televisione di Stato “non è un corso specializzato su come
costruire una cooperativa nei suoi aspetti tecnici, economici e finanziari”
precisa Jesús Cruz, professore della Facoltà di Economia dell’Università di
L’Avana che ha a carico il coordinamento del seminario. Le trasmissioni saranno
11, tutte realizzate dall’Università con la collaborazione dell’Asociación
Nacional de Economistas de Cuba (Anec).
Il nesso con quel
che sta avvenendo nella società cubana, dove alcune centinaia di cooperative
hanno cominciato a funzionare e altre se ne aggiungeranno nelle prossime
settimane, è evidente. Alcides López, docente e relatore nel programma
televisivo, lo stabilisce apertamente facendo notare come il corso è “risultato
dell’aggiornamento del modello economico del paese” dove il cooperativismo avrà
un ruolo vieppiù rilevante. Ragion per cui “la popolazione deve conoscere il
tema”.
Il corso sarà
strutturato in due cicli, il primo sulla situazione delle cooperative nel
mondo, il secondo sulla storia e lo sviluppo cooperativo a Cuba. Questa seconda
parte, si legge nel programma, si centrerà sulle cooperative operanti nel
paese, quelle di credito e servizi, quelle di produzione agropecuaria e le
cooperative operaie. “Si esamineranno le ragioni e le condizioni della loro
nascita, cosa le differenzia e le caratteristiche principali, i vantaggi e i
limiti che possono avere”.
Verranno anche
ascoltate le esperienze di persone che lavorano in cooperative “di successo” a
Cuba tra le 250 (non agropecuarie) che si sono aperte negli ultimi tempi, “per
conoscere e capire dalla loro bocca come hanno ottenuto i risultati che oggi
esibiscono”.
Un altro economista
cubano che prenderà parte all’inedito corso televisivo, Henry Colina, sottolinea
che “non ci sono divieti perché le persone si associno a una cooperative
qualunque”. Chi si riunisce sono persone “che hanno necessità comuni, si
conoscono, hanno fiducia tra loro e si lanciano in una azione collettiva di
natura economica ma non solo economica”. Segue una definizione che farebbe
invidia al cooperativismo di tradizione cattolica e socialista di altre
latitudini, quella di “associazioni autonome che si riuniscono per affrontare
le proprie necessità e le proprie aspirazioni di natura economica, sociale o
culturale, basandosi sulla gestione collettiva della proprietà e una
amministrazione democratica”.
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